GORIZIA – E’ un appuntamento d’eccezione quello che la Biblioteca statale Isontina si appresta a ospitare. Dall’1 all’8 giugno, infatti, dal lunedì al venerdì dalle 10.30 alle 18.30, il sabato fino alle 13.00, negli spazi della galleria d’arte Mario Di Iorio, potremo visitare la mostra fotografica di Fabrizio Borelli “Confine 1. Storia di luci e di ombre”, a cura di Maria Italia Zacheo. L’inaugurazione è fissata per sabato 1 giugno alle 18, la presentazione sarà curata da Franco Perazza, già direttore del dipartimento di salute mentale di Gorizia. Il catalogo sarà disponibile in galleria.
“L’iniziativa – commenta Borelli – suggerisce una profonda riflessione sui temi molto attuali della diversità e del confine, argomenti vicini e cari a una città – Gorizia – protagonista nei processi di innovazione”. “Confine è qualcosa che ti trovi davanti – spiega ancora – Tra senno e follia, tra individuo e comunità questa mostra narra la condizione della precarietà umana in una sequenza di immagini che restituiscono identità e dignità ai protagonisti, nelle rappresentazioni di un’insolita tournée, Uomini e recinti, un laboratorio-spettacolo dell’autunno del 1979. L’opera – un racconto fotografico – è omaggio alla vita. E’ insieme omaggio a Franco Basaglia, psichiatra promotore della legge nota con il suo nome, che con straordinario impegno lavorò alla riorganizzazione dell’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale per un superamento della logica manicomiale. E’ ringraziamento a quanti sostennero un’operazione così rivoluzionaria. E’ invito a riflettere sull’attualità del tema della diversità, a quarant’anni dalla promulgazione della Legge n. 180 (13 maggio 1978), che riformò gli accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”.
Il programma comprendeva più appuntamenti in diverse stazioni – Santa Maria della Pietà, Tevere, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Piazza S. Maria in Trastevere, Giardino Zoologico, Largo di Torre Argentina e omonimo Teatro, Mattatoio, quartiere di Primavalle – al fine di tracciare un “itinerario della riabilitazione”. I protagonisti della tournée si rappresentarono portando con sé, e quindi rendendoli manifesti al mondo, gli strumenti di coercizione che li avevano accompagnati nella vita da internati: il letto di contenzione, la camicia di forza, l’elettroshock. La mostra documenta l’entusiasmo e lo smarrimento di questo gruppo di donne e di uomini che attraversarono in più tappe una città indifferente o incredula e che, nel silenzio, rientrarono ogni volta, la sera, in manicomio. E’ proposta un’ampia selezione di fotografie (riprese: 35mm b/n analogico; stampe: Giclée Fine Art Print, 60×40 e 90×60, a cura dell’autore) dall’intero corpus di alcune centinaia di scatti.