(Le foto dell’installazione finita sono di Jurko Lapanja, eseguito nel mese di giugno 2021)
Dopo il fatto catastrofico successo alcuni anni fa che abbatté migliaia e migliaia di alberi tra Veneto e Friuli, e colpì anche la zona dove vivo, io e Giacomo siamo andati a fare un giro nel bosco e ad un certo punto sul sentiero vedemmo un grosso faggio steso a terra e ci venne un pensiero EMPATICO.
Per questa missione decidemmo di rendere omaggio artisticamente.
Consapevoli che questi disastri repentini succedono per causa umana: per la CO2 che alza la temperatura planetaria e l’inquinamento in generale.
L’installazione l’abbiamo preparata molto lentamente, anche causa COVID-19, la pandemia.
Abbiamo agito per la realizzazione in modo indipendente, a seconda del proprio percorso artistico e poetico.
Speriamo che questa azione serva per far riflettere ulteriormente sulla situazione ambientale grave che l’umanità sta attraversando.
Ringrazio Jurko Lapanja per il servizio fotografico, puntuale ed affidabile come sempre.
Ernesto Paulin
Moggio Udinese, Val Aupa, 2021
NOTA TECNICA – Livio Caruso, 2021, Gorizia “Agápē”, Àgape o Agàpe (in greco antico: ἀγάπη, agápē, in latino: caritas) significa amore disinteressato, fraterno, smisurato. L’installazione degli amici Ernesto Paulin–Paolini e Giacomo Nicola Manenti è divisa in due parti, ma integrata attorno al gigantesco “faggio”, disteso nel bosco al cospetto del monte Grauzaria nella Val Aupa.
Il grande faggio, in posizione orizzontale, come a riposo dopo la tempesta, con la radice sollevata e verticale! (ma una parte ancora ben penetrata nel terreno, motivo questo della permanenza in vita dell’albero!).
Come ha spiegato Ernesto Paulin, durante un’escursione nel bosco, l’incontro con il faggio è stato folgorante. I due sono stati catturati dalla SUA condizione: l’albero e la natura quasi uccisi dal clima impazzito a causa della dissennata azione umana.
Perciò l’opera è, con totale evidenza, un’operazione di completo coinvolgimento, diretta alla cura, alla protezione e alla vicinanza emotiva ed umana al FAGGIO e perciò alla NATURA.
La realizzazione è stata complessa ma soprattutto FATICOSA, quasi a dimostrazione che il rispetto della NATURA, oltre ad essere necessario, è pesante (come l’arte socialmente e politicamente impegnata).
Ogni azione adottata nel solco di un’ETICA per l’uomo e la NATURA è faticosa, richiede onestà e rigore!
L’installazione consiste in una GABBIA in ferro (di Manenti) che non è una “prigione”, bensì una PROTEZIONE! (“Praesidium – Protection”), e da una “figura umana” in cemento (usato solamente con l’intento di CONSERVARE il manufatto il più a lungo possibile) che simboleggia chiaramente il bisogno dell’artista di “abbracciare” la natura, di esprimere la volontà etica di farne parte solidale e piena.
La struttura dell’homo naturalis (“Homo in ligno – Man on the tree”) di Paulin è ricoperta da uno strato di cemento, sufficientemente spesso, che nasconde un caotico ma sorprendente reticolo metallico e la carta-pesta.
Il peso dell’opera completa dovrebbe aggirarsi attorno 400 kg!!!
I due artisti hanno dovuto fare parecchi viaggi da Dordolla al luogo nascosto nel bosco, per poter portare lentamente tutte le componenti dell’installazione e creare la doppia operazione artistica.
Gorizia, 2021 – Livio Caruso